Cefalonia, io e la mia storia

di Vincenzo Di Michele

La storia è quella dell'Autore stesso, Vincenzo di Michele, il cui prozio fu uno degli sfortunati soldati italiani che non tornarono da Cefalonia. In questo suo nuovo libro, l'Autore presenta una grande attenzione nel trattare un argomento delicato, quello dei dispersi. La storia ha una componente autobiografica, presenta alcuni episodi divertenti, ma soprattutto l'Autore fa precisi riferimenti storici e li arricchisce di testimonianze significative.

Non ci sarebbe bisogno di spiegarlo, perchè si tratta di una cosa ovvia, ma penso nessuno si è mai fermato seriamente a riflettere sul fatto che al termine di una guerra la sorte di ciascun singolo soldato può essere una sola di queste tre possibilità: il soldato è tornato vivo, il soldato è morto, il soldato è disperso. Il primo caso è ovviamente il più felice, mentre nel secondo prima o poi i familiari se ne fanno una ragione e la vita continua.

E' proprio del terzo caso, quello dei soldati dispersi, che l'Autore ne descrive con sensibilità la vita dei familiari, i suoi stessi familiari, la cui vita si è fermata nell'attesa del ritorno del congiunto amato.

Un soldato che al termine della guerra non è tornato vivo a casa, e che non è stato dichiarato ufficialmente morto dalle autorità militari, quel soldato risulta "disperso", una condizione indefinita che lascia spazio a molte possibilità e ad altrettante speranze, e per i familiari la speranza del ritorno non muore mai, anche se dopo dieci, venti o trenta anni sarebbe logico e legittimo supporre la morte di quella persona.

Di tanti libri di storia che ho letto fino ad oggi, nessuno ha mai parlato di questa situazione intermedia tra la vita e la morte, che pure ha segnato la vita di decine di migliaia di famiglie italiane negli anni del post-guerra.

Il libro ripercorre diversi eventi storici della seconda guerra mondiale e alterna le vicende quotidiane della vita della famiglia dell'Autore, nella perenne attesa del ritorno del prozio, con verità storiche di cui alcune sono emerse solo recentemente.

La storia di Cefalonia per grandi linee è nota a tutti. In questo libro l'Autore la ripercorre con numerosi dettagli e finalmente descrive, con una chiarezza convincente che non ho trovato in altre descrizioni, il reale andamento delle relazioni tra il comando italiano e quello tedesco, con gli italiani che inizialmente non volevano arrendersi, ma che poi si sono arresi (tutti i dettagli sono nel libro), e con i tedeschi che quindi li hanno fatti prigionieri e per punizione (per non essersi arresi subito) hanno iniziato ad ammazzare ufficiali e soldati italiani fin quando, stanchi loro stessi di quella barbarie, decisero di inviare i superstiti in Germania a lavorare.

Qualche migliaio di italiani fu imbarcato su diversi vascelli diretti in Germania, ma non tutti arrivarono a destinazione. Qualcuno urtò su un banco di mine, un altro fu silurato e, negli affondamenti, morirono qualcosa come tremila italiani.

Nel libro è presente la bella testimonianza tratta dal diario di uno dei sopravvissuti a questi affondamenti, Carlo Ronci, che rappresenta un raggio di sole nel triste quadro dei fatti di Cefalonia. Carlo Ronci, come moltissimi altri reduci, tornò a casa dopo anni dal termine della guerra, e quindi probabilmente anch'egli fu dato per inizialmente disperso. Un altro reduce di cui al termine della guerra non si avevano notizie fu anche il padre stesso dell'Autore: quell'Alfonso Di Michele che, reduce dalla campagna di Russia, tornò a casa a piedi dopo molti mesi dal termine della guerra.

Dall'esame dei fatti di Cefalonia, e non solo, riguardo alle truppe tedesche non si può fare di tutta l'erba un fascio, perchè molti soldati tedeschi si sono letteralmente rifiutati di sparare sui civili o comunque di uccidere in azioni non di guerra, e per questo parecchi di loro sono anche stati trucidati dai propri stessi commilitoni. Ma non tutti si sono rifiutati: la maggioranza dei soldati della "grande" Germania ha eseguito ordini criminali e luttuosi su gente inerme. Per questo e per le altre note efferatezze di questi criminali in divisa, la Germania va ricordata come nazione priva del senso dell'onore, e la clemenza dimostrata verso i tedeschi nel dopoguerra è stata un'offesa per i milioni di morti che il nazismo ha causato, tra cui anche le migliaia di morti del tristissimo e indimenticato massacro di Cefalonia. Onore ai caduti, disprezzo e ignominia agli esecutori.

Alvise Valsecchi